a tavola col topo

17 Febbraio 2011 2 Di Rosanna Prezioso

Al ristorante il Topo parla e divora, divora e parla. Si fa portare quattro confezioni di grissini, poi altre quattro. Infila in bocca i grissini interi dalla punta, senza spezzarli, e li fa sparire nell’esofago uno ad uno proprio come ho visto fare al mio primo criceto, Champagne. Ho la sensazione che più che una bocca la sua sia un’imboccatura. Di un tritatutto. Adesso tuffa le bacchette in una ciotola ricolma di alghe nere e luccicanti, spesse come fettuccine di pasta fatta a mano, le arrotola come se usasse la forchetta e le porta alla bocca con strani mugolii di soddisfazione. Si interrompe solo per ripetermi che le adora. Insiste perché le assaggi. Lo faccio di malavoglia sperando che il sapore del poco sesamo che identifico sulla superficie riesca a mitigarne il gusto di colla di pesce. Ma non è così.

Abbiamo ordinato una zuppa a testa. La mia è di asparagi e polpa di granchio. Quando arriva vi tuffo dentro il cucchiaio di porcellana e assaggio. Ha una spiacevole consistenza gelatinosa che contribuisce a rafforzarne il sapore di pelle di pesce, ma il gusto dei segmenti verdi dei gambi d’asparago, insospettabilmente teneri e croccanti, alla fine prevale. Tutto sommato è una buona zuppa, peccato quella consistenza un po’ viscida che agli orientali piace così tanto e a noi occidentali meno.

Interrompo la degustazione della zuppa per rivolgermi ai ravioli al vapore ripieni di carne che condisco con abbondante salsa di soia. Riprendo la zuppa decisa a finirla e con mia sorpresa scopro che si è trasformata in un brodo normale: l’effetto gelatina è “precipitato”. Non so cosa sia successo e non voglio saperlo ma la preferisco così e, altra sorpresa, nel fondo trovo finalmente alcuni frammenti della polpa di granchio citata nel menu.

Adesso il Topo vuole che assaggi anche la sua zuppa agro-piccante e lo accontento. Io pasteggio con tè al gelsomino, lui con birra cinese. Che naturalmente “adora!”, anzi precisa che praticamente viene in questo ristorante quasi unicamente per bere la birra cinese. Al tavolo accanto, invece, stanno bevendo birra giapponese. «Cinquanta euro la bottiglia», ci tiene a sottolineare il Topo.

Dopo il riso al curry e ananas, i gamberi allo zenzero, la macedonia di frutta cinese e il caffé, si fa portare un liquido verde colluttorio, molto alcolico e molto dolce che sa di melone. «E’ il midori», mi spiega. «Un liquore giapponese che adesso è molto in voga». A me sembra la versione esotica del nostro limoncello.

Quando abbiamo finito di mangiare il topo scende dalla seggiola e mi precede dirigendosi con il conto in mano verso la cassa per pagare. Io lo seguo facendo bene attenzione a non pestargli la coda.

(Dai racconti inediti “Viaggi e assaggi” di Rosanna Prezioso)