lezione di canto

13 Marzo 2013 0 Di Rosanna Prezioso

Sarà per la presenza della Scala o per altre ragioni che affondano nel suo passato celtico, Milano ha indubbiamente un’anima musicale e soprattutto canora sconosciuta ai più. Tanti i corsi, i club e i cori per dilettanti, grande l’interesse per i concerti di musica classica (vedi il tutto pieno alla Verdi così come al Conservatorio). E, a questo proposito, vi voglio presentare Shuko, la mia maestra di canto. Quella che mi ha insegnato a “rivoltare” il palato molle come fosse un calzino.
Un anno fa mi presentai da lei con una voce che non andava oltre le sette note e quando cercavo di superarle emetteva suoni gracchianti, come se “avessi mangiato una gallina con le piume”, espressione popolare che faceva sbellicare dalle risate Shuko tutte le volte che la pronunciavo, così la pronunciavo spesso. Ma poi lei ridiventava seria e ripeteva che “tutti possono cantale, basta studiale”. Nel suo italiano scarno “studiare” sta per allenarsi e imparare la tecnica.
La guardavo scettica, e ancora più scettica ascoltavo i suoi racconti di allievi e allieve che da una voce gracchiante erano passati a cantare come canarini.
Iniziò col dirmi come dovevo aprire la bocca, dove dovevo tenere la lingua, come dovevo respirare e trattenere il fiato sotto il diaframma emettendolo poi poco per volta. Un’ora alla settimana di lezione con tante chiacchiere e molti vocalizzi. Alla fine si cantava sempre un pochino, romanze francesi o inglesi, antiche canzoni napoletane. Quello che mi divertiva di più era il modo in cui Shuko pronunciava il napoletano. Un vero spasso. E senza mai preoccuparsi di capire il senso delle parole: da professionista del bel canto (come soprano ha lavorato molto sia in Giappone che all’estero) non le importa il significato delle parole ma solo il loro suono. Quando gliele traducevo in italiano faceva vari “oh!” di meraviglia e subito dopo, secca: «Sì, capito». E riprendeva a suonare il motivo al pianoforte suggerendo: «Adesso facciamo così».
Tempo pochi mesi e ho capito cosa intendeva per “rivoltare” o “girare” la voce. Dovevo “alzare” il palato molle per trasformare la mia cavità orale in una perfetta cassa armonica che avrebbe trasformato i miei suoni stentati in melodie limpide, forti e pulite. Il palato molle in fondo non è che un muscolo che, lasciato inerte per anni e anni si irrigidisce e non vuole più saperne di smuoversi, infatti le prime volte mi faceva male, ma poi ecco che è accaduto il miracolo: poco alla volta ha cominciato a obbedire migliorando la mia voce non solo quando canto, ma anche quando parlo.
«Tutti possono cantare, è solo questione di tecnica», ama ripetere Shuko. E quando dice cantare intende il bel canto, che spazia su tre scale del pentagramma, e non i mormorii al microfono di certi cantanti di musica leggera. Quando ho scoperto che il mio palato molle poteva alzarsi pulendo la voce di tutte le asperità è stato come scoprire che potevo galleggiare nell’acqua alta quando da piccola avevo imparato a nuotare, una gioia e una sorpresa senza fine.
Le giornate di Shuko sono sempre al completo di allievi di ogni età e professione. Cantanti  e attori professionisti, studenti di musica, semplici dilettanti che aspirano a cantare in un coro o che vogliono solo liberare la propria voce per poter cantare in casa, da soli, o alle feste con gli amici. Imparare a usare bene la voce può essere un hobby non diverso da chi, poniamo, vuole imparare a suonare la chitarra.
«Qui, in gola», dice Shuko accompagnando con il gesto le parole, «tutti abbiamo uno strumento. Si tratta solo di imparare a usarlo». E mai scoraggiarsi, aggiungerei, se per un giorno viene meno la voce e si riprende a gracchiare. Può succedere. Può dipendere dalla stanchezza, dalle condizioni atmosferiche, e soprattutto dall’umore. Si canta quando si è contenti, difficile farlo quando il cuore piange. Basta saperlo. Ma proprio il canto, in certi casi, può diventare il rimendio anti-tristezza. Non si dice mica “canta che ti passa”? (r.p.)

Dide foto. Dall’alto. Shuko in piedi e al pianoforte. Interno de La Verdi durante un concerto. Grande afflusso di fan alla libreria Feltrinelli in occasione della presentazione del suo ultimo libro da parte del grande maestro direttore d’orchestra Baremboin.