facciamoci un pastis

facciamoci un pastis

11 Settembre 2016 0 Di Rosanna Prezioso

20160322_170357-1Scorreva molto assenzio in Provenza all’epoca dei “poeti maledetti”, tanto da mandare in crisi i due principali produttori, Ricard e Pernod, quando la bevanda nel 1916 venne proibita per legge.
A base di erbe e profumata all’anice, richiedeva tutto un rituale, con uno speciale cucchiaino traforato, quando veniva servita, ma se distillato male, come spesso accadeva, l’assenzio poteva dare effetti allucinogeni.
Ricard e Pernod, in seguito divenuti un marchio unico, si impegnarono allora a cercare di produrre una bevanda simile ma più innocua e con minore tasso alcolico.
Dopo vari tentativi, impiegando tra gli altri l’anice stellato e aggiungendo un po’ di zucchero, nacque il pastis, da pasticcio, appunto, che come la bevanda all’assenzio aveva un aroma all’anice e andava servita allungata con acqua fredda (5 parti per ogni parte di pastis) e ghiaccio.
Se si ha l’accortezza di mettere il ghiaccio alla fine, il pastis da giallastro assume una colorazione biancastra opalescente che ricorda molto quella della bevanda all’assenzio anche se il bianco lattiginoso di quest’ultima tende un po’ al verde.
Il pastis va gustato all’ora dell’aperitivo o come bevanda rinfrescante, senza abusarne perché liscio ha comunque una gradazione di 40-45 gradi.
È l’aperitivo per eccellenza a Marsiglia, dove è nato, e in genere in tutta la Provenza, ma non manca neppure in Italia, soprattutto nella riviera ligure di ponente, in certe zone del Piemonte e ad Agrigento, in Sicilia. Senza contare il fatto che il pastis entra nella composizione di molti cocktail come il perroquet con vodka e menta verde, il tomate con sciroppo di granatina, il rourou con sciroppo di fragola o il moresque con orzata.
Per la legge dei “corsi e ricorsi”, anche nel bere, pare che l’assenzio stia tornando di moda. Ampiamente diluito con acqua o aggiunto a piccole dosi nei cocktail. (r.p.)