ambizione e “joie de vivre”

7 Dicembre 2010 0 Di Rosanna Prezioso

Accettare di porsi dei limiti a tavola quando alla tristezza dell’età che avanza si aggiunga la mancanza di stimoli interessanti è molto più arduo di quanto si pensi. Per impegnarsi veramente a mantenere il peso forma dei trent’anni ci vuole costanza, certo, ma anche una buona dose di ambizione, molto amor proprio e grande joie de vivre. Per le persone anziane e rassegnate, che lasciano spegnere poco a poco i loro interessi e contatti sociali, il cibo rappresenta una consolazione cui è sempre più difficile rinunciare.
Strano a dirsi, fanno più fatica a dimagrire i “sempre magri”, cioè quelli che in gioventù non hanno mai avuto problemi di peso e perciò hanno sempre mangiato a volontà, rispetto ai “sempre grassi”, vale a dire quelli periodicamente obbligati a mettersi a dieta per mantenere una linea decente. In genere per questi ultimi la dieta è diventata quasi un’abitudine, un dovere periodico al quale si sottomettono con rassegnazione accettando con pazienza “il sacrificio”, magari pensando a quanto si potranno rimpinzare una volta recuperato il peso forma.
Per i “sempre magri” pancetta e vita-fianchi torniti, come accade a molte donne in menopausa, rappresentano un affronto alla loro immagine, un fenomeno di cui non sanno capacitarsi e che di conseguenza non riescono ad accettare. Perciò con più lentezza corrono ai ripari mettendosi a dieta rischiando così di perdere tempo prezioso.

LUSSO DEI POVERI
In Europa, fino alla prima metà del Novecento il cibo raffinato e abbondante era un lusso riservato alle classi più abbienti e che faceva solo sognare quelle povere. Si pensi alle gustose scenette di Charlie Chaplin nelle sue comiche o ai tormentoni intorno a un piatto di spaghetti nelle commedie dei De Filippo o di Totò dove il dramma dell’indigenza diventa irresistibile farsa. E, andando più indietro nel tempo, solo i nobili potevano permettersi di imbandire per sé e per gli eventuali ospiti trionfali abbuffate. Il resto della popolazione doveva fare uso di grande parsimonia per non esaurire le proprie scorte, quando non si doveva accontentare di pane e acqua, pane e cipolla o, con l’arrivo dall’America del mais, di un grumo di polenta fredda. E si moriva ancora di fame. L’era moderna, con le sue colture intensive, gli antiparassitari, i fertilizzanti chimici, la razionalizzazione delle risorse e tutto il resto ha posto fine a tutto ciò. Il cibo ha smesso di essere una necessità prioritaria ed economicamente incide sempre meno, rispetto ad altre voci come mutuo, tasse, auto, vacanze o viaggi, sul bilancio familiare. Perciò si può dire che il cibo è diventato una sorta di “lusso dei poveri” al quale anche molti ricchi non sanno rinunciare, pur godendo di ben altre distrazioni.

“SU, MANGIA!”
E’ abbastanza frequente che chi per anni ha sofferto la fame, o comunque non è cresciuto nell’abbondanza, in caso di migliorate condizioni economiche tenda a rendere tangibile il cambiamento riempiendo a dismisura il carrello del supermercato.

«Su, mangia, non fare complimenti», era buona educazione ripetere all’ospite fino a poco tempo fa per vincere la sua reticenza ad abusare del cibo che gli veniva offerto. Oggi la stessa insistenza verrebbe giudicata tutt’altro che segno di buona creanza.
«Anni di fame, fanciullina», soleva ripetere il mio primo redattore capo, di origini campane, per giustificare il suo stomaco a boccia che  accarezzava con indulgenza mentre io, cronista in erba, saltavo i pasti per pagare le rate della Cinquecento.
Ricordo ancora lo straordinario successo della prima dieta pubblicata su un femminile, la “dieta punti”. Ottima di per sé perché basata sul controllo del consumo calorico il cui calcolo veniva reso più accessibile ricorrendo, appunto, ai “punti” che venivano assegnati a ciascun alimento. Unico “torto”, aver aperto la strada a una serie infinita di diete, dalle più strampalate alle più pericolose, che per anni si sono contese le pagine dei più prestigiosi rotocalchi a colpi di milioni (di lire). “Metti la dieta in copertina” era il modo più sicuro per far salire vertiginosamente il numero delle copie vendute. Finché la voce dei medici nutrizionisti, quelli seri, a furia di insistere non si è fatta sentire scoraggiando il ricorso alle diete “selvagge”, non stabilite in seguito a un’accurata visita specialistica. Così a credere ancora nelle diete-miracolo sono rimasti in pochi, come la mia ex colf che ogni anno a primavera esordiva: «Mi devo sgrassare. Farò la dieta del fantino». E giù banane.

(Da “La gola e la linea”, inedito di Rosanna Prezioso)