lacrime e gioie della “zamioculcas”

11 Aprile 2011 0 Di Rosanna Prezioso

A farmela scoprire fu una mia amica di Lecce, qualche anno fa. Lei ne teneva una enorme in un appartamento pochissimo soleggiato del centro di Milano. Era la pianta più verde e più in salute che avessi mai visto, anche a cercarla con la lente d’ingrandimento neanche una foglia non dico secca, ma neppure un po’ giallina.
Ammirai la mia amica per il suo pollice verde ma non le credetti quando mi disse: «Ce l’ho da più di vent’anni». Com’era possibile? A me la pianta più longeva che avessi mai avuto aveva resistito al massimo due anni. E senza lesinarle le regolari innaffiature. E parlo di kenzie o ficus, mica di orchidee! Piante notoriamente fatte per resistere alla grande in appartamento!

Il nome, zamioculcas, non era facile da ricordare, ma siccome ho una buona memoria visiva appena la scorsi in un vivaio mi dissi “sarai mia”. Era piccolina, con appena quattro o cinque getti, così se mi muore, pensai, non avrò gettato via troppi soldi. Invece tempo due mesi lei si mise a proliferare al punto che l’anno dopo era più che raddoppiata e l’anno dopo ancora non solo dovetti cambiarle il vaso, ma pensare a una soluzione per contenere i suoi lunghissimi getti che mai, dico mai fecero una sola foglia gialla.
L’ho sempre tenuta vicino a una portafinestra esposta a est, bagnata poco dato che è una pianta succulenta, e spolverata non più di due volte all’anno. L’unica volta che mi ha dato qualche preoccupazione è stato il primo inverno, quando la tolsi momentaneamente dal suo solito posto per fare spazio all’albero di Natale. Dopo qualche giorno mi accorsi che il pavimento sotto di lei era bagnato. Guardai meglio e vidi che dalla punta delle foglie spuntavano delle gocce d’acqua che poi finivano per terra. Eppure in quel periodo non la bagnavo quasi del tutto. Preoccupata mi rivolsi all’esperta del più vicino vivaio che senza scomporsi mi disse che la zamioculcas stava piangendo.
«Come piangendo», dissi, «sta per caso scherzando?»
«Niente affatto», ribadì l’esperta, «lei cosa le ha fatto?»
«Ma io non le ho fatto niente!», protestai. «E poi non ho mai saputo che le piante piangessero!»
«Tutte le piante piangono quando sono tristi», disse lei imperturbabile, «esattamente come noi».
Decisi di stare al gioco: «Ma perché se non le ho fatto niente di male?»
«Se è vero che non le ha fatto niente piangerà così, senza motivo, per malinconia. A lei non capita mai?»
«Ah sì, certo che mi capita, ma non avrei mai immaginato che anche le piante soffrissero di malinconi. A meno che… ripensandoci, non se la sia presa perché l’ho spostata dal suo solito posto in una zona d’ombra…»
«Ah vede che allora qualcosa le ha fatto! E’ evidente che si è dispiaciuta per il nuovo posto che le ha destinato!»
«Ma si tratta di una dislocazione provvisoria, appena smonto l’albero di Natale la rimetto al suo posto».
«Be’ allora non si preoccupi, vedrà che quando ritornerà al suo posto non piangerà più».

Infatti così è stato, ma soprattutto, dopo quella prima esperienza negli anni successivi non ha più pianto quando la spostavo, come se sapesse che la dislocazione era solo provvisoria, giusto il tempo di far passare il Natale. E quest’anno la bella novella: oltre ai soliti getti di rami nuovi è spuntato un fiore, una specie di pannocchia che sta ancora crescendo e che sono curiosissima di vedere come diventerà. Insomma è una pianta viva e felice, quale segno più chiaro di così!
Del resto è così che si sentono tutte le piante quando sono veramente amate. Se non si è disposti ad amarle meglio ripiegare su quelle di plastica.