viaggio in indonesia
Gli indonesiani non ringraziano quando il cameriere porta loro qualcosa, è normale che ti venga offerto del cibo quando hai fame.
È normale che un figlio tredicenne guardi suo padre costruire un muro lungo una settimana imparando dai silenzi interrotti dalle palettate di malta.
È normale che tredici donne trasportino sulla testa cinque mattoni per volta facendo la spola dalla barca alla spiaggia tante volte che a contarle non bastano le dita di quattro mani. È anche normale che ridano tra loro, e sorridano quando le fotografi, fiere di fare qualcosa d’importante: contribuire alle fondamenta della costruzione.
È normale fare tutto assieme, e le ore di lavoro non contano, l’importante è il risultato. Popolo indonesiano selvaggio e puro, brusco e generoso. Qui l’umanità assomiglia ai vulcani che ci stanno attorno, dolci, suggestivi, assolutamente immobili nella loro eternità. Qui i bambini sono seri come gli adulti, e gli adulti hanno il loro stesso modo di ridere, uno per tutti, senza differenze, a parte l’esperienza di vita che gioca un ruolo importante fin dalla più tenera età.
Dopo queste righe raggiungo la spiaggia per un bagno, i pescatori stanno uscendo in barca mentre i bambini sguazzano vestiti e dopo un po’ mi coinvolgono nei loro giochi. Ruote, verticali e capriole ma soprattutto tante risate che non hanno bisogno di traduzioni. Quando stanca e felice faccio per andarmene i bambini mi vengono dietro fino all’hotel dove ho lasciato la bici e ritovo Roberto, contento di offrire loro un bel gelato. Come forse facevamo noi da piccoli il rito comincia dalla carta, tolta poco a poco mentre il gelato rapidamente si scioglie, fino all’ultima dolce scoperta, il fondo di cioccolato che suscita un’intensa meraviglia.
(Fotoreportage di Erica Stanta)